Le 3 leve per il benessere aziendale

Perché spesso, nelle aziende, non otteniamo i risultati previsti, nonostante gli sforzi e gli investimenti compiuti? Perché abbiamo la sensazione che sia sempre più difficile tenere allineato il pensiero strategico con le azioni conseguenti?

Soprattutto: cosa possiamo fare perché ciò non avvenga e per essere in questo modo migliori dei nostri concorrenti?

Certo, il mercato sta attraversando fasi difficili, eppure ne avevamo tenuto conto nella formulazione della nostra strategia.

La nostra squadra di lavoro è forte, di esperienza perché siamo insieme da anni: magari però la squadra è meno numerosa perché abbiamo reso più snella la nostra organizzazione, e quelli che sono rimasti sembrano forse un po’ più provati di prima. Che succede?

Succede che questi tempi stanno scatenando fenomeni che mettono a dura prova molte persone, sul piano sia personale sia professionale:

  • il cambiamento avviene a ritmi rapidissimi: cambiamento di scenari, di tecnologie, di modelli di comportamento e di relazione. Le certezze entro le quali le “vecchie generazioni” hanno sempre vissuto stanno crollando e obbligano a confrontarsi con nuove realtà alle quali non sono preparate. D’altro canto le nuove generazioni fanno il loro ingresso in un mondo lavorativo che non le sa ancora capire pienamente, che ragiona con regole che spesso “stanno strette”;
  • le tecnologie ci permettono di essere “sempre connessi”, e quindi di gestire lavoro e affetti 24 ore su 24, senza interruzioni: una magnifica opportunità se la gestiamo al meglio. Una fonte di stress e di estraniazione se ce ne facciamo prendere la mano, soprattutto se ne approfittiamo per rincorrere eternamente nuovi traguardi professionali o, peggio ancora, per trasformare il “multitasking” in un inseguimento senza sosta di mille obiettivi;
  • diventiamo sempre più individualisti e disimpegnati: non solo non è più il tempo delle grandi mobilitazioni per le Cause più giuste, ma anche il rapporto con il lavoro sta cambiando. Le aziende non sono più scelte per la vita, ma semplici tappe di un percorso di crescita professionale, economica e personale;
  • le riorganizzazioni aziendali pongono gli individui di fronte a ruoli, contesti e sfide sempre nuovi, appuntamenti professionali che non possono essere mancati perché l’insuccesso avrebbe conseguenze gravi sia sull’azienda sia sulla persona.

Il risultato, per le aziende e per i collaboratori di qualsiasi livello, è preoccupante:

  • 1 impiegato su 3 è in burnout, ovvero in uno stato di esaurimento emotivo, depersonalizzazione, con un atteggiamento spesso improntato al cinismo e un sentimento di ridotta realizzazione personale;
  • solo 4 dipendenti su 10 si sentono “coinvolti” nella vita aziendale, e solo il 43% afferma di avere un datore di lavoro che li comprende allo stesso modo in cui chiede loro di comprendere i clienti esterni1;
  • la leadership dei capi è in discussione, come risultato sia dell’appiattimento delle strutture gerarchiche e del conseguente cambiamento richiesto nelle modalità di esercizio del ruolo, sia della crescente richiesta di autonomia e spazi di delega. Eppure l’efficacia nella capacità direttiva è sempre importante: nelle aziende dove sia i leader sia i manager sono percepiti come efficaci dai dipendenti, il 72% dei dipendenti stessi si ritiene molto ingaggiato1.

Il miglioramento dei risultati economici, a breve ed a lungo termine, non può quindi che passare attraverso le persone. È inutile sviluppare le strategie più ambiziose se la squadra di lavoro non è pronta a impegnarsi per la realizzazione. L’impegno delle persone, chiarisce la ricerca di Wilis Towers Watson, è sostenibile nel tempo quando l'azienda è in grado di supportare le persone mettendo loro a disposizione le risorse necessarie e creando un ambiente di lavoro equilibrato, energizzante e libero da stress.

Come agire per risolvere questa situazione, dando alle aziende la giusta spinta verso il successo?

Agendo su tre livelli, distinti ma complementari:

  1. sugli individui chiave che ricoprono posizioni di responsabilità, cioè gli executive o chi si prepara a diventarlo, i cosiddetti high-flyer: è importante affiancarli perché acquisiscano consapevolezza di ruolo e efficacia nella leadership, aiutandoli ad agire al meglio rafforzando la capacità di guidare i collaboratori verso gli obiettivi;
  2. su un gruppo più allargato di persone, i manager intermedi che hanno il compito di realizzare concretamente le attività indicate nei piani strategici. Devono ricevere chiare indicazioni su cosa ci si aspetti da loro, sugli obiettivi da raggiungere e sui relativi vincoli di risorse e di tempo. È importante verificare che abbiano le competenze adeguate e l’approccio giusto nel coinvolgere e confrontarsi con i colleghi, per contribuire realmente al necessario gioco di squadra;
  3. su gruppi estesi: è sempre più importante per l’efficacia aziendale che ognuno operi con la corretta consapevolezza di sé e del proprio rapporto con la realtà lavorativa. Che ponga sul giusto piano le proprie esperienze, paure e speranze e si impegni in modo equilibrato nella vita sia lavorativa sia personale. I concetti di intelligenza emotiva e mindfulness stanno diventando per questo motivo sempre più diffusi e si stanno dimostrando di grande utilità per migliorare il benessere individuale e favorire le prestazioni lavorative.

Nei nostri lavori presso aziende di ogni settore e livello di complessità abbiamo avuto modo di osservare spesso queste dinamiche e intervenire per favorire la soluzione.

Da qui è nata una metodologia di intervento che abbiamo chiamato Sestante perché, come l’antico strumento di navigazione, ha l’obiettivo di tenere in rotta l’organizzazione.

Avremo piacere di confrontarci con chi volesse informazioni su questo argomento: contattateci!

 

Luca Orselli

 

[1] Fonte: Willis Towers Watson Global Workforce Study 2014